Scritto da Giovanni Malatrasi Gerani | 3′ di lettura
Tra le lezioni che ho imparato dal mare, una che custodirò per sempre gelosamente è questa:
“Acqua, energia e cibo. Devi fare economia. In mare non puoi portare l’opulenza di tutti i giorni”.
Questa è una frase di Giovanni Soldini, uno che di navigazione se ne intende giusto un pochino: il suo curriculum è logorroico. Velista italiano e specializzato in navigazioni in solitaria, con una serie di record mondiali infranti più volte con due Medaglie al Merito della Marina e addirittura Cavaliere della Legion d’Onore. Insomma, non proprio il primo dei mozzi.
Io so che prima di uscire in barca bisogna ascoltare il bollettino meteo, e che se soffia Maestrale e non sei attrezzato. Beh, forse è il caso di rimanere in porto.
Io non ho le competenze tecniche per parlare di nodi o manovre, ma abitando in Riviera, vorrei solo raccontarvi le lezioni che ho imparato dal mare.
Nostalgia e Polaroid: più o meno la stessa cosa.
Sono pieno zeppo di foto scattate dai miei genitori tra i 2 e gli 8 anni in spiaggia. Diciamo anche che forse, è l’unica fascia d’età in cui una persona non si oppone al ritratto di sè fatto da terzi.
Il ricordo del mare che ho in Riviera, è ben diverso da quello che provo ora. L’infanzia era molto normale: lunghissime partite di calcio sotto il sole cocente di giugno, luglio e agosto. Incredibile giubileo per il gelataio che arrivava sempre alle 16.00, bagni in acqua finché le mani erano raggrinzite e grandi uscite in barca con i genitori e gli amici. Un quadro piuttosto comune.
La nostalgia che provo verso quel periodo è tanta, ma credo sia normale.
L’unica preoccupazione era correre abbastanza forte da fermare il camion dei gelati, mandare la biglia più lontana degli altri, non portare sabbia in casa, e non scottarsi troppo.
Sono passati più di 20 anni, la Riviera cambia, il mondo cambia, le esigenze dei turisti cambiano.
In un mondo che viaggia alla velocità della luce, il mare no.
Rimane in perpetuo movimento da sempre.
Solo il rumore dell’acqua
Ora la mia concezione di mare è drasticamente cambiata.
Prediligo le spiagge isolate e con poca gente. Mi piace il mare, ma come forma di riflessione, come luogo fotografico e come ideale di vita più che come assidua frequentazione.
Tuttavia, una cosa non muta: il mio amore verso di lui.
Se nasci al mare, se nasci in montagna, è fisiologico che un pezzo del tuo cuore rimanga li.
Mi ha insegnato il rispetto verso la natura. Non si scherza con la burrasca e il vento. Bisogna approcciarsi in maniera seria e precisa, e ve lo dice uno che ha preso mare grosso tra le Bocche di Bonifacio, in Corsica. Non è stato affatto piacevole.
Ma perchè il mare, così come la montagna, sono così importanti per tutti coloro che abitano li?
E’ uno di quei “sentimenti inspiegabili”.
Staccare da una giornata lavorativa pesante e farsi due passi sul porto, ti rigenera mentalmente.
Pensare di poter uscire di casa, cambiarsi al volo e in cinque minuti raggiungere un bar sulla spiaggia e bere un cocktail alle 19,00… ti cambia l’umore.
A me cambia l’umore passeggiarci d’inverno e in primavera. Guardare nel Porto la manodopera romagnola che lavora alacremente pulendo il pesce.
Mi piace pensare di poter cenare la sera con i piedi sulla sabbia e mangiare del pesce fresco.
Mi piace pensare di poter vivere a stretto contatto con la natura.
La cosa che per me davvero fa davvero la differenza è abitare in un posto che ti da la sensazione di essere sempre in vacanza.
La più grande lezione che ho imparato è questa: essere grati ogni giorno, perché la Riviera è un posto che ti permette di vivere bene.